Rebizzo Bianca

(1800 – 1869)

Una donna del risorgimento a Genova tra storia e arte.

Bianca De Simoni nacque a Milano il 21 ottobre 1800 da Carlo, ufficiale napoleonico morto prematuramente, e da Anna Opizzi.Trascorse con la madre, in ristrettezze economiche, gli anni della prima giovinezza, animati da un’intensa religiosità e da letture appassionate, capaci talora di segnarle profondamente l’animo: in età matura avrebbe ricordato, ad esempio, la commozione da cui fu presa un giorno leggendo alcune pagine di G. Filangieri sui diritti conculcati dei ceti più miseri.

Si sposò in giovane età con il genovese Lazzaro Rebizzo, uomo ricco, eccentrico e generoso, lo seguì in ripetuti viaggi in Francia ed in Germania. Dal 1833 abitò con lui a Venezia, città che amò molto e dove strinse amicizia duratura con Daniele Manin e con la sorella di lui, Ernesta Viezzoli. Nel 1835 i coniugi Rebizzo si stabilirono a Genova, quando Lazzaro già s’era messo in cattiva luce, per le sue idee politiche, presso le autorità del Lombardo-Veneto ed anche presso quelle piemontesi. A Genova, in piazza della Maddalena, fissarono la loro dimora definitiva, salvo qualche breve soggiorno a Parigi.

Nel capoluogo ligure i Rebizzo si legarono al giovane Raffaele Rubattino e con lui iniziarono un ménage à trois cementato dai comuni interessi politici e finanziari dei due uomini, ma soprattutto dal lungo amore tra la Bianca e Raffaele. La casa di piazza della Maddalena, dove anche Rubattino andò ad abitare, divenne presto sede di un prestigioso salotto letterario, trasmigrato nel 1847 a palazzo Doria in strada Nuova, dove i Rebizzo e Raffaele si trasferirono per esser più vicini agli amici Giorgio e Teresa Doria, e, nel 1858, a palazzo Pallavicini in via Carlo Felice, o nella splendida villa di San Vito alla Foce acquistata dal Rubattino.

Nel salotto, di cui la Rebizzo fu animatrice indiscussa, si avvicendarono personalità artistiche di rilievo come Niccolò Paganini, Saverio Mercadante, Aleardo Aleardi, Nicolò Barabino e tanti altri. Ma la casa della “signora Bianca” fu soprattutto, prima e dopo il 1848, un punto di incontro per patrioti di varie tendenze. Nel 1846-47 vi entrarono Goffredo Mameli e Nino Bixio, poi vi fu accolto Terenzio Mamiani che tornava in Italia dopo il lungo esilio parigino. Sempre nel 1846 il salotto fu particolarmente attivo in occasione dell’ottavo congresso degli scienziati italiani, svoltosi appunto a Genova. Nel 1848, durante i mesi del ministero Balbo e della guerra, con molto tatto e discrezione la Rebizzo fu portavoce di molti amici genovesi presso Vincenzo Ricci, allora ministro dell’Interno. Diede anche appoggio dato a Vincenzo Gioberti, al quale organizzò una trionfale accoglienza a Genova nel maggio 1848.

In quegli anni Bianca De Simoni Rebizzo , con Teresa Doria, creò comitati di soccorso ai volontari e ai coscritti e raccolse fondi a favore degli esuli. E in seguito non cessò di interessarsi alla politica: con coraggio quando occorreva, come nel 1857, allorché con un gesto audace salvò Mazzini braccato dalla polizia. Poco dopo il suo arrivo a Genova aveva cominciato ad adoperarsi per introdurre in quella città gli “asili della povera infanzia” ed aveva iniziato col filantropo Giacomo Cevasco un apostolato da “visitatrice dei poveri”, per persuadere i genitori a mandare i figli agli asili: nei quali essa scorgeva un mezzo non solo per educare i bambini, ma anche per accostare le classi agiate a quelle più miserabili, per innescare una sorta di reciproco perfezionamento tra benefattore e beneficato, per evitare tensioni sociali. In seguito, nel nuovo clima politico ed ideale che andava maturando in Italia passò dal generico interesse per la beneficenza all’attenta considerazione per i problemi relativi all’educazione femminile. Persuasa che “nelle donne, generalmente considerate, è racchiuso un tesoro di virtù alle quali la niuna o la cattiva educazione impedisce il dar frutto”, concepì l’idea di “adunare quel maggior numero di fanciulle che per me si potesse: adunarle in un convitto, consacrato alla educazione femminile intesa tutta nell’acquisto di quel morale e intellettuale perfezionamento che, sublimando la missione della donna, riuscisse a renderla paga di sé “.

Scrisse il programma per la fondazione d’un collegio destinato alle giovinette di buona famiglia, compose un Regolamento generale degli studi nel Collegio italiano delle fanciulle in Genova: prevedeva di accogliere bambine tra i sei ed i dodici anni per un insegnamento articolato in quattro anni di corso, nei quali erano materie fondamentali la religione, l’italiano, la calligrafia, l’aritmetica applicata all’economia domestica, i rudimenti di geografia, storia, geometria, scienze naturali; materie complementari erano le lingue straniere, il disegno, la musica, la ginnastica, il ballo. All’inizio del 1850, vincendo numerosi ostacoli riuscì a dar corpo alle proprie aspirazioni con l’apertura a Genova del collegio delle fanciulle, noto come Istituto delle peschiere per le belle fontane che ornavano la sua sede, il palazzo Pallavicini sovrastante l’Acquasola.

Da molti fu sostenuta la sua opera per l’educazione delle fanciulle, ricevette anche l’appoggio e la protezione dell’arcivescovo di Genova, monsignor A. Charvaz. Da questa esperienza nacque anche la pubblicazione del periodico, a partire dal 1855 , “La Donna”. Bianca entra in relazione anche con Cavour e sembra che siano state discusse in casa sua sia l’impresa di Pisacane sia quella dei Mille. Nel 1867 cominciò ad avere seri problemi di salute; ma nella primavera del 1868 se ne andò a Firenze, dove le feste del matrimonio tra Umberto e Margherita le offrirono una lieta occasione di incontrare tante vecchie conoscenze. Nell’ottobre del 1869, mentre si trovava nella villa di San Vito fu colta da malore e morì la sera del 29 ottobre. Lo scultore G. B. Cevasco la ritrasse in un busto che il Municipio di Genova fece collocare in una sala dell’asilo infantile di S. Luigi. Così la descrive Luigia Codemo: “Credo di poter osservare che senza un lievito di santa collera la Bianca non avrebbe operato come splendidamente fece, per la causa italiana; sicché l’idea democratica fu stimolo, per quel forte carattere sdegnoso, a coadiuvare il gran lavoro del rinnovamento sociale.” Bianca De Simoni Rebizzo come si è delineato è venuta in contatto con diverse personalità della politica e della cultura del tempo, in questo contesto strinse un particolare rapporto con lo scultore Giovanni Battista Cevasco, artista che si distinse per la grande attività al Cimitero di Staglieno, ma che ritrasse la donna anche in un gruppo scultoreo ora conservato al Museo del Risorgimento di Genova. Anche nel cimitero di Staglieno Bianca ha trovato sepoltura nella cappella fatta erigere dall’amato Raffaele Rubattino, su progetto dell’architetto Giovanni Battista Resasco, progettista della stressa necropoli. Lo stupore e l’ammirazione sono rivolti all’imponente tempietto di Raffaele Rubattino, “caposcuola” del mondo armatoriale italiano, al quale appartenevano le navi dell’impresa dei Mille; la sua salma fu deposta entro la cappella, a bande orizzontali bianche e nere, ch’egli volle erigere alla memoria dell’amata Bianca Rebizzo. Oltre la bellezza delle linee esterne è ammirabile anche l’eleganza e la ricchezza interna. Il celebre pittore Nicolò Barabino dipinse quattro angeli che esprimono il dolore, la preghiera, la rassegnazione e la fede confortatrice. Alle ricche decorazioni interne contribuirono l’ornatista Pietro Lavarello, il ritrattista pittore Sabbione e il colorista in vetri De Matteis, per cui tracciò i disegni lo stesso pittore Barabino.